Plastica in mare: salviamo gli oceani
Plastica in mare: salviamo gli oceani

Plastica in mare: il problema dell’inquinamento degli oceani

Uno dei problemi ambientali più urgenti da affrontare è l’inquinamento della plastica in mare. Che è estremamente grave ed è stato ignorato per un lungo periodo di tempo. La produzione e il consumo di prodotti in plastica sono aumentati rapidamente negli ultimi decenni, soprattutto in molti Paesi dell’Asia e dell’Africa. Qui i sistemi di raccolta dei rifiuti sono spesso inefficienti o inesistenti, causando inquinamento sia su terra che su mare. Tutto questo non fa che peggiorare la quantità di rifiuti di plastica in mare, che giorno dopo giorno non fanno che aumentare. Ecco perché diventa necessario intervenire per la pulizia degli oceani.

Da più di un secolo, gli esseri umani hanno acquisito la capacità di trasformare i combustibili fossili per produrre materiali plastici. Dopo la seconda guerra mondiale, la produzione e lo sviluppo di migliaia di nuovi prodotti in plastica sono aumentati.

Dalla medicina alle automobili, dagli aeroplani a tutti i tipi di dispositivi che semplificano la nostra vita. Sono pochi gli ambiti dell’attività umana che non sono influenzati dagli oggetti di plastica. Alcuni prodotti, come le buste, sono fatti per durare solo pochi minuti. Si dice che le borse della spesa in plastica durino centinaia di anni nell’ambiente.

Il prezzo da pagare per questo uso diffuso della plastica in mare è la contaminazione degli oceani. Sapete che l’inquinamento di tutto il mondo e l’impatto delle microplastiche sulla catena alimentare arriva fino agli esseri umani, questo è stato scoperto solo negli ultimi anni.  Infatti, la luce solare scompone la plastica in mare in particelle più piccole di mezzo centimetro e le diffonde con le correnti negli oceani. Tuttavia, rifiuti sono stati trovati anche sulla cima dell’Everest e al Polo Nord. Successivamente si scompongono in particelle ancora più piccole, fino a quando possono entrare nell’acqua potabile e rimanere sospese nell’aria.

Inquinamento ambientale plastica in mare

Inquinamento ambientale plastica in mare

Dobbiamo stare attenti alla plastica in mare, non sono rifiuti che si smaltiscono facilmente. I rifiuti umani entrano in ogni ecosistema scombinandone l’equilibrio. È stato dimostrato che esistono anche sul fondo della Fossa delle Marianne, uno dei luoghi più remoti e inaccessibili della Terra, profonda quasi 11.000 metri. In particolare, molti rifiuti sono già presenti nei mari e negli oceani, e spesso si accumulano anche nell’ambiente costiero.

Si tratta di un fenomeno che ha conseguenze molto dannose per l’equilibrio degli oceani e degli ecosistemi marini. Soprattutto per le specie che vivono in questi ambienti e di cui noi ci nutriamo. Infatti, queste microplastiche, vengono spesso ingerite o intrappolate in corpi estranei. Ma influisce anche sulla nostra salute, perché siamo esposti a una serie di agenti chimici lungo tutta la catena alimentare. I cui effetti a medio e lungo termine sono ancora poco conosciuti.

C’è anche il problema che la plastica in mare, senza una forte presa di posizione e risposte politiche immediate, peggiorerà con il tempo. Come riferisce il Parlamento europeo, gli studi dimostrano che entro il 2050 potrebbero esserci più rifiuti di plastica in mare che pesci. I materiali più problematici in questo contesto sono le plastiche monouso, come le piccole bottiglie, posate e sacchetti usa e getta. Sfortunatamente, la stima attuale è di almeno 150 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica in mare e negli oceani. Con ulteriori milioni di rifiuti che si aggiungono ogni anno.

Qual è la percentuale di plastica presente nel mare proveniente da prodotti monouso?

Qual è la percentuale di plastica presente nel mare proveniente da prodotti monouso?

Circa l’80% dei rifiuti trovati sulle spiagge europee è costituito da plastica e il 50% dei rifiuti marini è costituito da plastica monouso. Per questo motivo il WWF considera l’entrata in vigore in Italia della nuova normativa sulla plastica monouso. Ne è seguito il recepimento della direttiva europea SUP, quale “tappa importante” nella lotta all’inquinamento da plastica. La direttiva SUP (Single Use Plastic) è un intervento legislativo dell’UE recepito dagli Stati membri. Questa direttiva vieta dal 2021 l’utilizzo di alcuni prodotti in plastica monouso per i quali esistono alternative sul mercato. Tuttavia, l’associazione avverte che è importante che “l’eccezione per le bioplastiche compostabili non porti a una sostituzione completa della plastica convenzionale”. Tutti i prodotti monouso, compresi quelli realizzati in bioplastica, saranno significativamente ridotti. Laddove non siano disponibili alternative riutilizzabili e laddove sia possibile inserirli in cicli che ne gestiscano adeguatamente il fine vita.

Cosa fa l’Italia per diminuire le microplastiche in mare

Cosa fa l’Italia per diminuire le microplastiche in mare

Secondo il WWF, la implementazione italiana introduce nuove importanti caratteristiche rispetto al documento europeo. Costituisce un’eccezione gli articoli monouso realizzati in plastica biodegradabile e compostabile secondo la norma europea Uni En 13432. Inoltre, i prodotti il ​​cui peso rappresenta meno del 10% del prodotto totale sono esclusi dal campo di applicazione di questa direttiva. (Come piatti di carta, bicchieri e contenitori rivestiti di plastica). Gli articoli vietati all’ingresso nel mercato italiano includono piatti e posate, cannucce, agitatori, bastoncini per palloncini. Ma anche contenitori per alimenti e bevande in polistirolo espanso e relativi coperchi e chiusure.

In risposta a questi divieti, il WWF ha spiegato in un comunicato che esistono norme per ridurre il consumo di tazze e bicchieri, compresi tappi, coperchi e contenitori. (Quest’ultimo è una novità italiana in quanto non previsto dalla Direttiva europea). Realizzando, con o senza coperchio, prodotti alimentari da consumare sul posto o da portare a casa direttamente dal contenitore senza preparazione aggiuntiva. (Come insalate pronte o scatole di fast food).

Per le bottiglie sono stati fissati obiettivi ancora più ambiziosi sia per la raccolta differenziata che per l’aumento dell’uso di materiali riciclati nella produzione. (25% PET riciclato entro il 2025 e almeno il 30% dal 2030). Oltre a un meccanismo di responsabilità estesa del produttore. Sono supportati anche altri articoli come filtri per sigarette, salviettine umidificate, prodotti per l’igiene femminile e attrezzi da pesca. Secondo il ministero, il decreto introduce anche nuovi obblighi di etichettatura per informare i consumatori sulla plastica contenuta nei prodotti. Ma anche sulle modalità corrette e non corrette di smaltimento e sui danni che potrebbero derivare dall’immissione di plastica in mare e nell’ambiente.

La microplastica in mare, la salute dell’uomo.

Chi butta e come arriva la plastica in mare

Ogni anno sono tra i quattro e i 12 milioni di tonnellate di plastica in mare, che poi finiscono negli oceani del mondo, costituendo così l’80% dell’inquinamento marino. Ciò è dovuto all’inquinamento da plastica. Quattro quinti dei rifiuti di plastica in mare finiscono nell’oceano trasportati dal vento o attraverso i rifiuti urbani e i fiumi. Il resto viene direttamente prodotto dalle imbarcazioni che navigano, come pescherecci, navi da trasporto e navi turistiche. L’oceano ha un eccellente potere auto purificante sia per la sua composizione che per la sua massa, spesso consentendo un’efficace diluizione e ossigenazione. Ciò non significa che non vi sia inquinamento marino.

Tuttavia, la diffusione di sostanze inquinanti nelle acque chiuse e lungo le coste può danneggiare sia gli ecosistemi marini che la salute umana. Pertanto, in alcune zone è vietato nuotare. La fonte più diffusa d’inquinamento negli oceani sono le emissioni organiche provenienti dalle città e dall’industria. Vengono attaccati da microrganismi che consumano ossigeno e alla fine vengono rimossi dalla vita marina. In alcuni casi, i rifiuti urbani e industriali contengono anche materiali non degradabili: come metalli pesanti e materiali radioattivi. Questi materiali possono contaminare l’acqua e portare alla morte dei pesci.

Le plastiche in mare: l’importanza dello smaltimento dei rifiuti

Le plastiche in mare: l'importanza dello smaltimento dei rifiuti

Katia Ferrante, la vostra social blogger, amante della natura e dell’ambiente

Una presa di posizione è obbligatoria. Perché fare la visita ai cetacei fa piacere a tutti, ma se continuiamo a non avere preso coscienza del problema “pulizia mari”, non abbiamo una coscienza.

Da oltre un secolo gli esseri umani sviluppano la produzione di plastica da combustibili fossili. Nel secondo dopoguerra, si ampliò la produzione e lo sviluppo di migliaia di nuovi prodotti in plastica. Questo cambiò radicalmente il nostro stile di vita e caratterizzò la nostra società.

La plastica ha influenzato ogni aspetto dell’attività umana, in quanto molto economica. Tutti questi dispositivi che hanno reso, la nostra vita più semplice. Il prezzo che paghiamo per l’uso eccessivo di plastica è l’inquinamento globale degli oceani.

Solo di recente si è scoperto che le microplastiche sono molto dannose nella catena alimentare. La plastica in mare si trasforma in particelle infinitesimali sotto l’influenza del sole e si diffonde attraverso le correnti marine negli oceani. Pensate che nell’Artico e sul Monte Everest sono state rinvenute quantità significative di detriti di plastica. Questi poi si scompongono in particelle più piccole che finiscono nell’acqua potabile e nell’aria.

È necessario ottenere quante più informazioni possibili al riguardo e sensibilizzare scienziati, rappresentanti dell’industria, consapevolezza pubblica e forte volontà politica nazionale e internazionale. L’attenzione dovrebbe essere posta sulla creazione di un’economia circolare della plastica, sulla ricerca di prodotti alternativi con un minore impatto sull’ambiente. Sull’aumento del riciclaggio dei rifiuti e sulla sua espansione. Il mercato dei materiali riciclati deve essere il futuro. Tutti i partecipanti all’economia della plastica devono unirsi all’obiettivo comune di fermare la diffusione della plastica in mare e in natura.

Un cambiamento importante nello smaltimento dei rifiuti di plastica in mare richiede l’impegno delle istituzioni pubbliche. Ma organizzare la raccolta e il riciclo dei rifiuti di plastica non è possibile senza la partecipazione della filiera produttiva. La stessa dovrebbe essere in grado di sostituire i prodotti in plastica con materiali alternativi o con prodotti realizzati con plastica riciclata.

Inizia a utilizzare oggetti di uso quotidiano come borse multiuso e altri oggetti di materiale differente. Insieme possiamo ridurre ogni giorno il consumo di plastica. Creare nuova domanda di mercato per prodotti realizzati con materiali e lavorazioni provenienti da processi produttivi sostenibili.

La soluzione al problema c’è. Esiste già. Uno su tutti il progetto Edipo di cui vi ho parlato anche sul mio profilo Instagram. Alcune notizie in più sulla soluzione del problema la potrete trovare nell’articolo del mio blog “La pulizia degli oceani: il sogno di Katia Ferrante e il Progetto EDIPO“.

Buona lettura e buon riciclo.

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